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“Il 2024 si prospetta un anno difficile per le famiglie. L’inflazione galoppante, gli aumenti generali, i rincari delle bollette, i tagli ai sostegni e al welfare, oltre ai salari fermi da trent’anni, sono destinati a mettere in ginocchio gli italiani e in particolare quella fetta di popolazione più povera. Una situazione che si aggrava ancora di più nel Mezzogiorno dove secondo la Svimez gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono il 40,6%, 8 milioni di persone, di cui il 28,3% in Basilicata, dove ad essere colpito sono soprattutto le famiglie e gli anziani. Una situazione che è destinata a peggiorare a causa degli interventi inefficienti e inadeguati del Governo Meloni”. Lo sostiene, in un comunicato, il segretario generale dello Spi Cgil Basilicata, Angelo Summa. “Da non dimenticare – aggiunge Summa – che dal primo gennaio di quest’anno scatta l’abolizione del reddito di cittadinanza che in Basilicata aveva coinvolte 1700 persone. Al suo posto è stato introdotto l’assegno di inclusione che, più che includere, finirà per escludere di fatto una platea importante di persone sole e povere. Nessun effetto nemmeno del cosiddetto bonus gas del governo Bardi, erogato senza alcun criterio di progressività.
I tagli ai fondi nazionali per le politiche sociali e welfare – prosegue – stanno determinando i loro effetti sulla vita delle persone. Nessuna risorsa per il fondo per la non autosufficienza, il cui peso resta a carico delle famiglie. Una situazione non da Paese civile. Continuiamo pertanto a ribadire la necessità di investire nella sanità pubblica e nel welfare con particolare attenzione alla non autosufficienza e all’invecchiamento. Per questo chiediamo ancora una volta a gran voce la costituzione di un Fondo regionale per la cura e il benessere delle persone con le risorse delle royalties e le compensazioni del gas. Non è tollerabile la condizione in cui versano gli anziani: soli, con poche ore di assistenza domiciliare, privati del diritto di invecchiare a casa propria. Dall’atra parte, chi decide e sceglie di invecchiare in una struttura per anziani, non può sostenere rette da 1.600 -2.000 euro al mese. Ecco perché bisogna procedere alla definizione di una disciplina che porti all’accreditamento delle strutture per anziani definendo una quota tariffaria sociale con il contributo a carico della Regione.
Continuiamo a non comprendere le ragioni per le quali questo nostro Paese – conclude Summa – non si occupi di invecchiamento e non autosufficienza, che costituiscono una parte rilevante della nostra società, e assicurare diritti e dignità alle persone, oltre ad essere una grande occasione per creare buona occupazione. Investire nella cura delle persone deve essere uno degli asset strategici delle scelte economiche pubbliche del prossimo futuro per il benessere di tutti e tutte”.
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